
(di Maurizio Micheletti)
Francesca Iseppi e “La fragilità del Verso”:
svelare l’anima oltre la soglia della pelle
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A due anni di distanza da “Il respiro del Glicine”, la poetessa veneta Francesca Iseppi torna in libreria con una nuova raccolta poetica, La fragilità del verso (Carmina Editore), un piccolo volume di oltre sessanta componimenti frutto di un intenso lavoro di scrittura e ricerca interiore. Sfogliando la silloge, la prima cosa che colpisce è l’insolita scelta dell’autrice di ordinare i titoli delle poesie in ordine alfabetico. Questa decisione non è affatto casuale e risuona come un implicito incoraggiamento al lettore a costruire la propria esperienza di lettura. Ci si può affidare alla sequenza stampata, oppure optare per una lettura guidata da una sorta di “sincronia acausale”, aprendo il libro a occhi chiusi, in un gesto quasi oracolare. Questa modalità facilita l’accesso a quell’esperienza del Kairos (l’istante eterno) che le poesie stesse richiamano, e spinge il lettore verso un orizzonte capace di offrirgli la possibilità di riscoprirsi e riconoscersi.
L’Io-narrante che emerge dai componimenti è quello di un femminile profondo, che si fa strada tra i visceri e la sensibilità della poetessa, utilizzando la poesia come strumento per esplorare l’ignoto interiore. La Luna, immagine archetipica connessa all’arte poetica e al mistero di quel femminile sacro capace di abbracciare il cosmo, diviene il motore di questo “scavo” interiore, come si legge in “Luna nel petto”:
Mi è nata una Luna nel petto. / Non l’ho chiamata. / È salita a morsi lenti, / spostando l’aria / dalle costole ai pensieri.” Il fare poesia si rivela un atto in cui si intrecciano vulnerabilità e lucidità, e dove il verso è un “errore che ha imparato a camminare” e un “luogo / dove il linguaggio cede, / eppure insiste.”
Proprio lì, come recita la poesia che dà il titolo alla silloge, “Lì nasce la fragilità. / E l’anima, architettura dell’invisibile / che mette insieme rovina e estasi / si mostra (da “La fragilità del verso”).
La ferita emerge come uno dei temi portanti di questa raccolta: non è un ostacolo, ma un varco, un passaggio tra i mondi che riluce, e, proprio per questo, è capace di ri-orientarci nel buio di molte esperienze umane. L’autrice sposa l’idea di una poesia che nasce da quell’ascolto profondo che sa farsi accogliente accettazione delle cose così come si presentano, rinunciando ad ogni tentativo di ricomposizione forzata: Ogni crepa è una mappa, / una frattura che sussurra storie / a chi ha il coraggio di restare in ascolto / senza tutto voler ricomporre. (da “Kintsugi”).
Questa prospettiva porta in chiaro l’interesse di Iseppi per la poesia-terapia, laddove il verso diviene strumento capace di curare quelle parti di noi che ci chiamano e che desiderano essere riconosciute e integrate nell’esperienza della vita.
La pelle è un altro elemento ricorrente; non è un semplice involucro fisico, ma la soglia sottilissima che si interpone e vibra tra il mondo esterno e l’interiorità, un abito di pelle, / confine sottile /tra il mondo e l’anima. La sua funzione ultima è quella di dimora del sacro, / del proibito / del vero (dalla poesia “Dermis”), e ciò rafforza l’idea che la poesia sia una via per dimorare nell’istante eterno, nel sopracitato Kairos, in un’esperienza che trascende l’ordinarietà della vita senza negarla, ma anzi amplificandola proprio per il tramite di quell’organo sensoriale così esteso che, appunto, è la pelle.
In questo processo, la luce, altra parola chiave della raccolta, ha una funzione squisitamente rivelatrice:
La luce non consola, / ma illumina, aiutandoci a scoprire le verità profonde che ci abitano: rivela quel che si cela: / la fragilità incarnata, / il tremore del cuore, / la bellezza che indugia (dalla poesia “Luce che illumina”). È da questo lavoro di “scavo” interiore e di accettazione degli opposti — luce e oscurità, gioia e dolore — che la poetessa riemerge per distillare la sua esperienza e offrire al lettore, con parole vive e al contempo ancestrali, qualcosa di quell’unità che si cela dietro ogni manifestazione “duale”. Le poesie sono composte in versi liberi, intessuti in una pacata calma compositiva che quasi si respira.
Desidero menzionare, tra le altre già citate, anche la poesia intitolata “Radici strappate – Gaza”, laddove l’io narrante diviene voce di figlia perseguitata e oppressa, costretta a un incessante esilio senza reale possibilità di fuga, con nel cuore la sorte dei bambini; sono versi potenti che denunciano le false coperte dell’indifferenza, capaci di commuovermi ogni volta che li rileggo.
Come ben scrive Massimo Triolo nella prefazione: “il verso è forse fragile, ma lascia segni indelebili, sfida l’oblio e la dimenticanza.” La poesia di Francesca Iseppi è una fiamma che brucia, “perché il bruciare stesso è l’unica lingua che essa conosca”, in una costante ricerca di visione che inizia laddove “tra il mondo e l’anima, v’è una placenta sottile e nel gesto di offrire l’anima alla vita stanno mille osmosi e travasi, e tra il tatto e una carne sempre desta, sempre permeabile, sempre arresa alla vita, si versa un respiro che si fa albergo del Sacro” (dalla Prefazione). Le poesie de “La fragilità del verso” sono molto belle e la loro lettura, a mio parere, è trasformativa, sia per chi le ha scritte, sia per coloro che a cuore aperto le sapranno accogliere. Mi sia concesso rivelare che in questi ultimi giorni, le poesie di questo libro sono state il mio salmodiare del mattino e del vespro, tanto mi hanno avvicinato alla dimensione del Sacro.
L’autrice: Francesca Iseppi è poeta, autrice e haijin. Ha esordito nel 2019 con la raccolta di poesie “Nata con la neve” (menzione d’onore al concorso “Rive Gauche” di Firenze). Nel 2020 ha pubblicato la silloge a due voci “Sensi” con M. Grasso, premiata con un attestato di merito al premio internazionale “M. Buonarroti” e prima classificata alla “Biennale d’Arte Unicamilano.” Nel 2023 ha pubblicato “Il respiro del glicine”, una raccolta di poesie e haiku. Attualmente, sta ampliando la sua ricerca sul valore terapeutico della scrittura poetica attraverso un percorso di formazione in Poesiaterapia.
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Riferimenti editoriali:
Francesca Iseppi, “La fragilità del verso”, con prefazione di Massimo Triolo, immagine di copertina e progetto grafico di Alessio Gherardini, Edizioni Carmina di LetterarieMenti, www.lemezzelane.eu , Santa Maria Nuova (AN), I Edizione 2025.
PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE, ALCUNI VERSI SCELTI PER VOI:
DA “LA LUNA NEL PETTO”
Mi è nata una luna nel petto.
Non l’ho chiamata.
È salita a morsi lenti,
spostando l’aria
dalle costole ai pensieri.
Ha inciso –
non per ferire,
ma per restare.
Ogni notte
scava un rituale:
la pelle si assottiglia,
il sangue tace,
la memoria punge
tra le vertebre,
Non brucia.
Muta.
Sposta le cartografie interne,
fa del corpo soglia che vacilla,
incerta se accogliere o trattenere.
Poi smetto di oppormi.
[…]
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INTENSA FRAGILITÀ
C’è una bellezza che non urla,
che trema piano
sotto la pelle sottile,
una luce che si spacca,
e proprio lì,
nelle fenditure nasce un volto,
un’intensa fragilità.
Non siamo muri,
siamo crepe che respirano,
siamo mani aperte,
nel gelo di un mondo che stringe.
Chi è fragile conosce
il peso delle lacrime
eppure regge nel cielo
sulle spalle nude
senza brama di vincere.
La forza è un’armatura che isola,
la fragilità è un abbraccio
che si lascia ferire.
[…]
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SAKURA
Domare la separazione
che d’amore scalpita
in un tempo agonico
digiuno da sacro ardore.
Noi solo siamo avvinti
fiori di ciliegio
e cielo dirottato
nel nostro rifugio.
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DA “RADICI STRAPPATE – GAZA”
[…]
Ho avvolto la mia casa in un telo,
rapido, senza pieghe né addii.
Dentro vi ho stretto
l’odore del mattino sulla pelle,
l’acqua che cantava nel secchio,
e le dita di mia madre
mentre mi scostava i capelli dalla fronte.
La sera scivola sulle pareti,
sussurra alle sedie rimaste vuote,
carezza il letto che conserva ancora,
la forma del nostro sonno.
Ogni cosa respira la sua assenza
prima ancora che partiamo.
[…]
*
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