Dalla presentazione di Isabella Leardini
Chi entra in queste pagine deve stringere un patto: leggere dall’inizio alla fine. Il passero bianco è una fiaba iniziatica in versi, della morte che nasconde la vita quando la vita nasconde la morte, del loro congiungersi in un territorio limite, tra il giardino e il bosco, tra l’infanzia e la sua perdita desiderante e definitiva. Un grande gioco di trasformazione include la morte apparente e il rischio dell’inganno sotto mentite spoglie, ma tutto in questa fiaba è onirico e reale, gli animali messaggeri che prendono sarcastici la parola, le creature di mezzo che cacciano per altra fame, il corpo segreto di sangue e ossa da nascondere. Qualcosa di crudele, incantato e tagliente lampeggia rapido, con sotterranea ironia: nessuno è davvero innocente; i dialoghi oracolari e improvvisi celano sempre una sorpresa. Sofia Fiorini ha intrapreso una direzione originale e complessa, quella della narrazione lirica affidata alla struttura, alla tenuta, a un lungo respiro che di pagina in pagina resta in equilibrio sulla storia. «Hai il dono del passo» dice il gatto alla protagonista, lo stesso si potrebbe dire dell’autrice, che ha un passo lieve, acuminato, precisissimo; la poesia di Sofia Fiorini riesce sulla distanza del sentiero in salita, sulla pazienza della trama. Nel telaio si intrecciano le dita dei grandi lettori di simboli, Ralph Waldo Emerson, da lei tradotto, Cristina Campo, nume tutelare dei rovesciamenti che nel fiabesco annidano il destino, Emily Dickinson madrina delle madrine, ma si fa avanti con distacco e decisione anche un’inattesa Patrizia Cavalli. Il passero bianco è il totem infero che sceglie la fanciulla, nel suo apprendistato ci saranno la caccia, l’innamoramento, il rito, tre segreti e un diverso finale.
Da Il passero bianco (Vallecchi Firenze 2025)
Dietro la casa, dietro le siepi
e le ombre dell’usato giardino
sta quel che resta di queste ossa.
Quattro pali – le assi
il ricordo di un tetto, mausoleo
sgraziato di ragazza.
Solo la porta resta
chiusa con la spranga
né reggia né splendida tomba –
solo un telo di plastica
che ha perso la sua trasparenza.
Guardiamo la porta
passiamo oltre il campo,
oltre le messi di cipolla,
molto più lontano…
al bosco, alla grotta!
La bambina che qui c’era è morta.
*
E io a loro: c’è un gatto invisibile
che abita il mio giardino
nell’accecante mezzodì –
mi ha detto di venire qui.
C’è un’arpa violina
che mi affonda nelle viscere,
gli altri organi sono compressi
per farla vivere.
Dietro la casa ho lasciato
un cimitero di fichi
per il passero bianco
e i suoi amici.
E loro, ferme sul sentiero,
a me: «non hai altro posto,
non hai davvero
altro posto all’infuori di questo».
*
La fame non ha niente
a che vedere con il corpo.
Infatti anche loro
dovevano mangiare.
Cacciavano piccoli uccelli
senz’armi, li incantavano
con la voce.
Ma io ero affamata
mortalmente di altro pane.
*
Era lì, come un grande cervo
non aveva fretta, né paura. Era del mondo.
Per un attimo vedere un uomo
non mi sembrò strano.
Poi sussultai,
mi ricordai di tutto.
Cercai alla mia destra
le tracce della serpe
dentro all’erba
ma la piana
l’aveva inghiottita nel silenzio.
Mi parlò.
Vorrei raccontare
di aver capito subito –
di essermi detta
ecco, sono persa –
e invece era soltanto
come se fosse sempre stato lì.
Mi piaceva la sua voce.
Era buona come l’ostia
quando si attacca al palato,
come uno spino sotto al piede
quando si corre in un prato.
*
Dopo uscivo tutti i giorni
dal segreto del bosco.
D’altronde loro tutte
erano attratte come farfalle
dalle cose umane abbandonate,
ma nel modo in cui lo sono i morti.
Io dicevo di andare al ruscello
e invece lo incontravo di nascosto.
Non mi ha mai chiesto
se fossi viva oppure no.
So che quando,
sovrappensiero, ci toccammo
lui non scomparve,
non si volatilizzò.
*
Che sorpresa quel mattino
umido sul fiume, credersi morta
e scoprirsi capace di dolore.
*
Ai morti il dissolversi nell’acqua
fino a non avere nome – e alle fate
officiare il rito – ma noi
un nome lo avevamo
e a noi era dato vivere
e averne terrore.
*
Sofia Fiorini (Rimini, 1995) ha pubblicato in poesia La logica del merito (Interno Poesia, 2017 e 2023) e La perla di Minerva (La Noce d’Oro, 2023, finalista al Premio Carducci, Premio Flaiano, Premio Prato). Ha tradotto l’antologia italiana delle poesie di Ralph Waldo Emerson Il cervello di fuoco (La Noce d’Oro, 2022).

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