Nubiversi | Il franco cacciatore

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IL DOPPIO NEL MIRINO: RILEGGERE OGGI IL FRANCO CACCIATORE

(di Maurizio Micheletti)

Il franco cacciatore è una raccolta poetica di Giorgio Caproni pubblicata in prima edizione da Garzanti nel 1982.

Il libro si colloca nella fase più matura della produzione caproniana e uscì a distanza di sette anni dalla precedente silloge, Il muro della terra (1975) e di quattro dai “piccoli appunti e sottopoesie” di Erba francese. Si tratta, senza dubbio, di un’opera che ha contribuito a fare la storia della poesia italiana del secondo Novecento. Il volume affianca versi già apparsi su alcune riviste o pagine letterarie (quali L’Approdo letterario, Almanacco dello Specchio e Il Telegrafo, per citarne solo alcune) a componimenti del tutto inediti.

A inframmezzare il flusso poetico troviamo due “inserti” in prosa: l’uno, di stampo filosofico, mira a chiarire l’idea di fondo della silloge; l’altro è invece permeato di malinconia e si distingue per uno stile più lirico.


Il titolo fu scelto da Caproni in corso d’opera e si rifà al Singspiel in tre atti di Carl Maria von Weber, Der Freischütz. Riguardo a questa scelta il poeta affermò: «l’ho sempre amato moltissimo il “Der Freischütz”, e, come si suol dire, l’ho nell’orecchio da quando studiavo musica […]. Ma, a parte questo, dirò che il rapporto con il capolavoro weberiano e il mio Franco Cacciatore va inteso in termini molto cauti. Vi sono, sì, personaggi e situazioni in comune, ma lo spirito e la trama, se di trama si può parlare, non accusano, certo, dipendenza e imitazione. Tanto meno (sarei presuntuoso!), emulazione!» (intervista ripresa dalla introduzione di Adele Dei, nell’edizione da lei curata del volume).


Questa raccolta-capolavoro ruota attorno a una complessa allegoria esistenziale: quella della caccia, che in un deciso slancio verso l’inconoscibile si trasforma in indagine metafisica. Il cacciatore è il poeta stesso – e con lui l’uomo contemporaneo – che, a causa delle armi spuntate che ha a disposizione (prima fra tutte, la ragione), finisce sempre per mancare il bersaglio: la verità ultima delle cose, Dio e, in definitiva, sé stesso. Questa “preda”, però, si configura come sfuggente e inarrivabile poiché Caproni giunge alla consapevolezza che Dio non esiste o, se esiste, si cela completamente alla vista dell’uomo, che ne sente comunque la mancanza. Tale condizione determina il paradosso che il poeta chiama “a-teologia”: «Il mio Dio non è quello della Chiesa, è un Dio particolare. La mia è una a-teologia: nel senso doppio di mancanza di teologia e di teologia dell’ateo. Io, ecco, non ammetto la Provvidenza» (1).
Va detto che, seppur centrali ne Il franco cacciatore, queste tematiche accompagnavano da molti anni Caproni nello svolgersi della sua riflessione, tanto che se ne trovano esempi lampanti anche in raccolte meno recenti.

Si legga ad esempio:
«[…] prego non so ben dire/ chi e per cosa; ma prego:/ prego (e in ciò consiste/ – unica! – la mia conquista) / non, come accomoda dire/ al mondo, perché Dio esiste:/ ma, come uso soffrire/ io, perché Dio esista». (Da Lamento (o boria) del preticello deriso, in Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, 1960-1966)


Le poesie qui riunite presentano una scrittura rarefatta e scarna, essenziale, che si circonda di vuoto per indicare proprio il silenzio e l’assenza della divinità. Per esaltare la disperazione che deriva dal sapersi immerso nel non-senso, Caproni utilizza spesso l’espediente dell’ossimoro, come nei celebri versi: «Il mio viaggiare / è stato tutto un restare / qua, dove non fui mai» (da Biglietto lasciato prima di non andar via).


La certezza del fallimento della ricerca viene in qualche modo “smorzata” (ma, di contro, paradossalmente sottolineata) da un contro-canto ironico e dal gioco linguistico, che spesso assume un tono quasi canzonatorio. Questa tensione genera quella «straziata allegria» che troviamo citata tra i versi di Antefatto, primo componimento della raccolta: «[…] Aspettai ancora. Altre ore. / Pensai, in straziata allegria, / al colpo fulminante / del franco cacciatore».

Il poeta-cacciatore si muove su un crinale di confine, in quel limitare tra la morte e la vita così denso di nebbia e irto di pericoli, tale da risultare, alla fine, invalicabile alla ragione. Questa condizione è descritta da Adele Dei come «quella libertà terribile che nasce dal deserto dell’assoluta solitudine» (2).

La struttura de Il franco cacciatore rivela alcuni temi che si intrecciano tra di loro e vanno a costituire l’ossatura su cui si dipana la questione centrale appena descritta, tra i quali spicca il doppio, che è ribadito più volte come disvelamento della coincidenza tra cacciatore e preda, tra uccisore e vittima, proprio nel momento in cui il colpo inferto al bersaglio si ritorce contro chi lo scaglia.

Questo tema si rintraccia in tutta la raccolta, anche se assume centralità nella sezione intitolata Reversibilità, dove il poeta ci offre esempi quasi “geometrici” di avvicinamento al proprio Doppio, in un modo che non consente integrazione ma soltanto la constatazione del trovarsi davanti a ombre inafferrabili.

Un esempio piuttosto chiaro della posizione del poeta riguardo al suo Doppio si trova in Rivelazione: «[…] Mi sono voltato indietro. / Ho scorto / uno per uno negli occhi / i miei assassini. / Hanno / – tutti quanti – il mio volto»; oppure, in Geometria: «[…] così si forma un cerchio / dove l’inseguito insegue / il suo inseguitore. / Dove non si può più dire […] / chi sia il perseguitato / e chi il persecutore».

La raccolta si trova attualmente in vendita in edizione singola, oppure compresa nel volume antologico intitolato Caproni, Tutte le poesie, entrambi editi da Garzanti. Per chi volesse approfondire le tematiche a cui ho accennato in questa breve nota di lettura, consiglio l’edizione singola curata dalla professoressa Adele Dei, nella quale si trovano un’ampia e accurata prefazione generale, le introduzioni a ciascuna delle sezioni che compongono la raccolta, nonché i commenti ad ogni singola poesia.


RIFERIMENTI EDITORIALI: Giorgio Caproni, Il franco cacciatore 1973 – 1982, introduzione e commento di Adele Dei, I edizione aprile 2024 – La storica I edizione (visibile nella foto accanto alla attuale) era intitolata Il franco cacciatore e uscì, sempre per Garzanti, nel mese di marzo del 1982.


Note:
(1) Da Il mondo ha bisogno dei poeti – interviste e autocommenti, G. Caproni, a cura di Melissa Rota, Firenze University Press, 2014; qui ripresa da Il franco cacciatore, introduzione e commento di Adele Dei, Garzanti Libri, I Edizione aprile 2024.
(2) Il franco cacciatore, introduzione e commento di Adele Dei, Garzanti Libri, I Edizione aprile 2024.a». (Da Lamento (o boria) del preticello deriso, in Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, 1960-1966).


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