Dieci poesie per Natale | Auguri dalla Redazione

[Immagine: acquerello di Giorgia Fantinuoli ispirato a una foto di Vidit Singhv]

La redazione di Poesie Aeree vi augura un buon inverno, un Sol Invictus che illumini i vostri desideri, un Natale che sia per voi rinascita e un Nuovo Anno nel quale possiate splendere sereni e serene.

Dieci testi selezionati per voi dalla redazione volante:

❄️

Pilota Valeria Bianchi Mian

Nel grembo umido, scuro del tempio
L’ombra era fredda, gonfia d’incenso
L’angelo scese come ogni sera
Ad insegnarmi una nuova preghiera
Poi d’improvviso mi sciolse le mani
E le mie braccia divennero ali
Quando mi chiese, “Conosci l’estate?”
Io per un giorno, per un momento
Corsi a vedere il colore del vento

Volammo davvero sopra le case
Oltre i cancelli, gli orti, le strade
Poi scivolammo tra valli fiorite
Dove all’ulivo si abbraccia la vite
Scendemmo là dove il giorno si perde
A cercarsi da solo nascosto tra il verde
E lui parlò come quando si prega
Ed alla fine d’ogni preghiera
Contava una vertebra della mia schiena

Le ombre lunghe dei sacerdoti
Costrinsero il sogno in un cerchio di voci
Con le ali di prima pensai di scappare
Ma il braccio era nudo e non seppe volare
Poi vidi l’angelo mutarsi in cometa
E i volti severi divennero pietra
Le loro braccia profili di rami
Nei gesti immobili d’un’altra vita
Foglie le mani, spine le dita

Voci di strada, rumori di gente
Mi rubarono al sogno per ridarmi al presente
Sbiadì l’immagine, stinse il colore
Ma l’eco lontana di brevi parole
Ripeteva d’un angelo la strana preghiera
Dove forse era sogno, ma sonno non era
“Lo chiameranno figlio di Dio”
Parole confuse nella mia mente
Svanite in un sogno, ma impresse nel ventre

E la parola ormai sfinita
Si sciolse in pianto
Ma la paura dalle labbra
Si raccolse negli occhi
Semichiusi nel gesto
D’una quiete apparente
Che si consuma nell’attesa
D’uno sguardo indulgente
E tu piano posasti le dita
All’orlo della sua fronte
I vecchi quando accarezzano
Hanno il timore di far troppo forte…

Fabrizio De Andrè, Il sogno di Maria

❄️

Per salvare la terra non è una battaglia impossibile
da vincere, ma una benedizione troppo importante da perdere.
Questa è la verità più urgente:
che la nostra gente ha un solo pianeta da chiamare casa
e che il nostro pianeta ha un solo popolo da chiamare suo.
Possiamo dividerci ed essere conquistati da pochi,
oppure possiamo decidere di conquistare il futuro,
e dire che oggi abbiamo scritto una nuova alba,
dire che finché avremo umanità,
avremo anche speranza.

Estratto da una poesia di Amanda Gorman letta davanti all’Assemblea dell’ONU nel 2022

❄️

❄️

Copilota Silvia Rosa

La pura forma del cuore affonda e rilancia un altro cuore.

Reale. Vera apertura alare.

Troppi mattini vengono a noia.

Un solo corpo. Uno e semplice.

Le braccia si perdono, si perde l’occhio e il racconto di sé.

Qui e ora. Il bianco e l’aria del bianco.

Corpo che cade e sente. Corpo fendente.

Il bianco batte in petto. È tutto.

Iole Toini, da Niente di tiepido

❄️

Le cose che non fioriscono

vanno tagliate via.

Fatti slarghi dove si contenti un fianco

dove si riposino i rami gemmati

s’infuochino le dita che hanno stretto il buio.

Le cose che non fanno fiori e non li rifanno

nelle stagioni puntuali di domande e offerte

sono soli stellari di pianeti avversi

o lontani, o prossimi.

Le cose che non t’incantano la notte

e non t’incatenano e non ti liberano

e non fanno liquidi

non fanno suppliche, non fanno posto,

vanno raschiate via, snocciolate, espulse.

Le cose che non resistono

al paragone e al tempo della primavera

fanno cataste per scaldare mani vicine.

Sabrina Foschini, da Ragioni della sete

❄️

Redattori volanti

Maurizio Micheletti

Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!

Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.

Presso quell’osteria potremo riposare,

ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca

lentamente le sei.

Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?

Un po’ di posto per me e per Giuseppe?

Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;

son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

Il campanile scocca

lentamente le sette.

Oste del Moro, avete un rifugio per noi?

Mia moglie più non regge ed io son così rotto!

Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:

Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.

Il campanile scocca

lentamente le otto.

O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno

avete per dormire? Non ci mandate altrove!

S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno

d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.

Il campanile scocca

lentamente le nove.

Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!

Pensate in quale stato e quanta strada feci!

Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.

Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…

Il campanile scocca

lentamente le dieci.

Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?

Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?

L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame

non amo la miscela dell’alta e bassa gente.

Il campanile scocca

le undici lentamente.

La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?

Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!

Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…

Maria già trascolora, divinamente affranta…

Il campanile scocca

La Mezzanotte Santa.

È nato!

Alleluja! Alleluja!

È nato il Sovrano Bambino.

La notte, che già fu sì buia,

risplende d’un astro divino.

Orsù, cornamuse, più gaie

suonate; squillate, campane!

Venite, pastori e massaie,

o genti vicine e lontane!

Non sete, non molli tappeti,

ma, come nei libri hanno detto

da quattro mill’anni i Profeti,

un poco di paglia ha per letto.

Per quattro mill’anni s’attese

quest’ora su tutte le ore.

È nato! È nato il Signore!

È nato nel nostro paese!

Risplende d’un astro divino

La notte che già fu sì buia.

È nato il Sovrano Bambino.

È nato!

Alleluja! 

Alleluja!

Guido Gozzano, La notte santa

❄️

Nascere, natale, il nascere 

supremo. Il nostro 

nascere, il nascere totale, 

il nascere del figlio 

eletto, l’evento senza uguali

l’esserci di colui, di ognuno, 

che vorrà vedere il mondo, 

mettere in salvo il mondo 

e che è nostra immagine 

nel nostro cuore.

Maurizio Cucchi

❄️

Serena Vinci

Conja

centrata: e il resto la nuova

covata fioccando con gusto

ai colpi iterati del gelo

risale il clivio se poi

sfibbiando s’inoltra

Roberto Precerutti, Entrebescar

❄️

Ti porto i doni del mondo

quello interno

fiume a presa rapida

bufera di assenza

a colpo sicuro.

Li pesco nel ghiaccio

li scavo a prezzo delle unghie

mi scollo mi getto nei cunicoli

arrotondo angoli rocciosi con la lingua

peregrino nelle pieghe

stendo garze sui baratri.

E alla fine eccoli qua

i doni del mondo graffiato,

senza una goccia di sudore

deposti in mani

di partenza. 

Chandra Livia Candiani, La domanda della sete

Elena Circei

Posso saltarti al collo?
fare un sogno di te?
guardarti e toccarti?
assaggiarti un pezzetto?
farmi i codini fischiare?
giocare al lupo avere paura?
mangiarmi tutta con la tua bocca?

Vivian Lamarque, Posso?

❄️

Devo molto
a quelli che non amo.

Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l’amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.

Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l’amore non capisce,
perdono
ciò che l’amore mai perdonerebbe.

Da un incontro a una lettera
passa non un’eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.

E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi su ogni atlante.

È merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.

Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.

«Non devo loro nulla» –
direbbe l’amore
sulla questione aperta.

Wislawa Szymborska, Ringraziamento

Buone feste!