La tosse
Di là, c’è mio padre che tossisce,
non si cura la tosse
e continua a tossire,
è mezzanotte
e continua a tossire.
Esplode il lampadario di luce
come se fosse un sole freddo
poi le tapparelle tirate giù,
la tavola mezzo sparecchiata
e lui rimane immobile sulla sedia,
le braccia conserte,
è morto di sonno,
lo tiene sveglio
soltanto la tosse.
Fissa le piastrelle sopra il lavello:
gocciola un poco.
Il bicchiere vuoto, rossastro sul fondo
un po’ di scuro residuo:
vino tendente all’aceto.
Pessimo vino, pessimo aceto.
Rientrando a casa dopo il lavoro
trovo mio padre seduto in cucina,
la luce feroce del lampadario
è di qualcosa che è morto
ma non vuol dormire
e io non voglio guardare
voglio solo scappare,
voglio solo aspirargli
con le labbra sul cuore
tutto il dolore, tutto il dolore.
Il mio saluto distante,
il suo sussulto improvviso.
Il mio saluto distante:
intorno a lui nient’altro
di così dolcemente vicino.
Tutto questo mi rende un po’ triste,
ora lo sento tossire dalla mia cameretta,
sento il suo collo stanco lagnarsi,
sento le gocce dal rubinetto cadere
ci sono persone destinate alla vita,
altre, invece, soltanto a subirla.
Gianmarco Tricarico
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