SILVIA ROSA | #intervistesvelte

Nel marzo del 2019, sulla Pagina di IS è approdata anche Silvia Rosa. Poeta e insegnante, organizza (insieme alla sottoscritta – ndr.) le attività di Medicamenta – lingua di donna e altre scritture. Dei nuovi progetti e dei libri in uscita nel 2020 avremo certamente modo di raccontare in questa sede.

Segnalo, per ora, anche la mia recensione alla silloge “Tempo di riserva”, edita da Ladolfi: http://oubliettemagazine.com/2018/09/06/tempo-di-riserva-poesie-di-silvia-rosa-loro-non-sara-mai-fisso/

IMG_0465.JPG

LA POETICA DI SILVIA ROSA E LE STAGIONI DEL SENTIMENTO

Dal momento che tra pochi giorni (si era nel mese di marzo – ndr.) Silvia Rosa festeggerà il suo compleanno, e poiché da qualche settimana è uscito finalmente il libro: “Tempo di riserva”, edito da Ladolfi, direi che un’intervista rapida ma non troppo è di fondamentale importanza e allora eccoci qui, in un tempo-spazio perfetto per parlare di lei e della sua opera poetica. Collaboriamo da due anni; ci occupiamo di un bel progetto “al femminile” che si chiama Medicamenta – lingua di donna e altre scritture; conduciamo laboratori, organizziamo reading e performance. Con la stima che provo nei suoi confronti e nei confronti del suo lavoro, oggi la interrogo (ma la professoressa di italiano è lei, si sappia). La interrogo come se non la conoscessi, perché lei si presenti a voi.

1. TRE PAROLE PER DESCRIVERTI?
Solo tre parole? Troppo poche! Sono in difficoltà: non ho il dono della sintesi, faccio fatica a definirmi e non mi piace svelarmi, un po’ per pudore e un po’ per capriccio, quindi non saprei che cosa rispondere. (Ma del resto anche una non risposta è una risposta…).

2. DI CHE COSA TI OCCUPI?
Ho un paio di vite, che scorrono parallele, a volte sfiorandosi, altre divergendo, ma sempre in dialogo tra loro, tenute insieme dalla grande passione per la scrittura, la narrazione e le storie di vita. Mi occupo da tempo di fenomeni migratori, per studio e ricerca e per lavoro: riguardo all’ambito teorico, ho pubblicato il saggio “Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile (1860-1960)” (Ananke, 2013), in cui analizzavo l’emigrazione italiana in Argentina, focalizzando l’attenzione sul vissuto delle donne e sui loro racconti biografici. Per quanto riguarda invece le esperienze lavorative, l’ultima in ordine di tempo mi vede impegnata nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri, prevalentemente immigrati e richiedenti asilo. Mi interessano moltissimo le questioni di genere e tra i progetti che porto avanti in questa direzione c’è anche “Medicamenta – lingua di donna e altre scritture”, che propone eventi performativi e laboratori dedicati alle storie e alle scritture delle donne. Poi sono autrice, di poesia soprattutto, ma non solo: questa è l’altra vita, quella meno evidente, la parte sommersa dell’iceberg.

3. TU E LA POESIA, LA POESIA E SILVIA?
La poesia è per me un luogo familiare, un rifugio, in cui provare a mettere insieme tutti gli elementi della realtà creando una composizione inedita, una nuova prospettiva, una differente interpretazione degli stessi, un mondo distinto che non è mera evasione, ma capovolgimento salvifico e illuminante. Non è fuga dal dolore, dalla realtà, è piuttosto una modalità di abitarli, di imparare a conoscerli, di nominarli, di trasformarli, è la disciplina della parola che aiuta a non soccombere dentro certi feroci silenzi, che divorando lingua e occhi. La poesia è anche il luogo della memoria e dell’incontro, in cui le storie così riscritte e narrate sono consegnate allo sguardo di chi le legge e decide se farle proprie o meno. Ho incontrato la poesia da bambina: prima ancora di saper leggere e scrivere ripetevo a memoria i versi di poesie e filastrocche che mia madre mi leggeva e mi perdevo tra le illustrazioni dei libri infantili per cui anche oggi per me la poesia ha conservato quel suo carattere di comunicazione intima e affettuosa, orientata a dare un senso al mondo e a fondare relazioni anche immaginarie con tutto quanto ci circonda, non solo con le persone, è in un certo senso un codice visionario e musicale con cui si parla di emozioni e di pensieri, di esperienze e di vita, di tutto quello che conta davvero insomma, una formula magica, come nei giochi d’infanzia, che tiene il cuore al sicuro nonostante tutto.

4. CI PARLI DI “TEMPO DI RISERVA”? (fallo regalandoci anche una traccia di testo, una pennellata, un istante, uno scorcio)
“Tempo di riserva” raccoglie il lavoro di scrittura degli ultimi quattro anni e si compone di 48 testi, 12 per ogni sezione, dedicata a una stagione diversa. Per parlarne però mi affido alle parole di Gabriella Montanari, che ne ha firmato la prefazione (le mie sono goffe e imbarazzate, commosse anche, perché il libro è appena nato e sto imparando conoscerlo di nuovo, come un figlioletto immaginato a lungo in gestazione, che svela il suo vero volto solo quando diventa di carta e inchiostro):

“[…] tutto il calendario di Silvia, per quanto suddiviso in quattro momenti, è un’unica lunga stagione, quella che le condensa tutte e le osserva avvicendarsi senza sosta. È la stagione dell’analisi, della somma parziale, dello sguardo rivolto a quello che è già stato. E non torna. Al pari dell’infanzia, la vera protagonista di questa raccolta e, a mio avviso, uno dei pilastri della poetica di Silvia Rosa. Del resto, quello dell’infanzia, è un tempo non tempo. Immobile, quasi eterno, scrive lei. Irripetibile ma sempreverde nella memoria, traccia incancellabile, concime per l’età adulta. […]. Silvia, Cappuccetto rosso, noi tutti, in quanto esseri umani, siamo deboli e possiamo sbagliare. Perdiamo l’ingenuità e l’innocenza infantili quando incontriamo i pericoli nascosti dentro e fuori noi stessi. Riceviamo in cambio la saggezza di chi ha superato delle prove fondamentali. E anche vivere è una prova, forse la più necessaria e ardua. Percepire la giovinezza alle nostre spalle. Non poter più scegliere la vita che avremmo voluto. E allora i corvi giorni di Silvia. Ma senza lamenti, senza autocommiserazione. La sua è una non rinuncia. E il lieto fine, se non dall’amore, verrà dalla poesia e dal suo potere taumaturgico.[…]”

10 AGOSTO
Se vedessi una stella cadere
nel cielo notturno d’agosto
una stella vissuta un milione
di secoli fa, il suo ricordo uno sciame
lumino che si sgretola un poco
come fa la memoria quando viaggia
correndo per campiture celesti,
non le chiederei nulla, nessun desiderio
da realizzare, ma pronuncerei sottovoce
il tuo nome ‒ un’orazione segreta ‒
perché da molto lontano
da un tempo infinitamente distante
è tornato a trovarmi:
in un’altra galassia, in un universo fratello
miliardi di tramonti passati,
c’era una piazza in cui si affacciavano
nuvole di un bianco cangiante
e noi al centro di quel candore sospeso

allora, tutte le parole erano messe a tacere,
solo le mani si accendevano ‒ comete irrequiete ‒
e ogni sguardo era limpido, ancora
non conosceva la fine.

Per informazioni sul libro, qui: http://www.ladolfieditore.it/index.php/it/perle/perle-poesia/tempo-di-riserva.html

Per sapere qualcosa in più su di lei, ecco qui: http://www.larecherche.it/biografia.asp?Tabella=Biografie&Utente=silviarosa

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...