SACRO CUORE | Franca Alaimo (l’anima in corpo)

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[Sara – ph. di Salvina Chetta]

Indosso un abito leggero nel vento della sera in estate. Sulla mia pelle i brividi scrivono tracce, una punteggiatura al limite tra piacere e disagio. Così fa la poesia, quella viva in carne e sangue, quando allerta i miei sensi e risuona meraviglia, quando mi chiama al confine dello stupore. Non l’aspettavo, eppure è già entrata dentro di me. La conoscevo soltanto di vista, superficialmente, ed ecco che in un attimo, come per un colpo di fulmine, una creatura poetica è stata capace di sintonizzare ogni mia cellula sulla concordanza. Così i versi nati dalla penna di Franca Alaimo mi toccano nel battito del suo Sacro cuore, nel ritmo di una simbolica universale che narra l’eterna fiaba di Eros e Psiche. A ben guardare, il mito vitale si snoda in narrazione leggermente congiunta al diario di una tenera Core, intenta a cogliere fiori in un prato prima dell’arrivo di Ade, prima dello strappo che la farà Regina di Cuori, forse, Profani ma non profanati. Sollecita, solleticante, il ritmo miocardio del corpo: nelle pieghe del petto di Cristo c’è il destino comune, il non so della Grande Madre che ieri oggi e domani a noi figlie sussurra che tutto è stato per amore nostro.

Lui è un ragazzo bellissimo:
capelli biondi, lunghi fino alle spalle,
e due occhi verdi verdi, umidi e lucenti
come il mare con tanti pesciolini d’oro.
C’è sempre un gruppetto di donne
che gli mandano baci da lontano
sospirando parolette d’amore
come se lui fosse un figlio o un fidanzato
sul punto di partire per la guerra.
Lui tiene in mano un cuore rosso

come il fuoco, cinto da una ghirlandetta
di spine e una piccola croce sopra,
però sorride e non sembra soffrire.
Mamma, perché ha il palmo della mano
trafitto, perché ci mostra il cuore?
Ma lei non sa che dire, se non:
è stato per amore, per amore nostro.

E io le dico: ho deciso, non amerò nessuno.
Non voglio che mi strappino
il cuore ancora tutto vivo dal petto.

Il Sacro cuore di Alaimo è un cuore di fiamma, lambito dal fuoco dell’amore, è
un cuore che è segno inciso quando si fa contenitore delle lettere per gli amanti,
un po’ storto, tracciato dalla mano dell’innamorato fin dentro la corteccia di un platano, dalla superficie al sentire profondo, disegnato con il temperino come a dire sempre e mai, a marchiare il legno con quelle due parole che appartengono soltanto agli dei. Una musica di battiti nel mondo di una bimba che diventa donna, nei versi di questa poetessa palermitana che spalanca a me, lettrice, il colore rosso purpureo e il rosa intenso, il desiderio della Vergine nei toni del sangue, la brama che segna la transizione, la memoria mestruale, per scrivere il rito collettivo di passaggio dalla Dea Intatta alla libera sposa. La mia preferita, forse, è la poesia del corpo erotico, quella che dal cuore di colpa passa alla polpa di giovane rosa.

Fu allora che mi disse vergognosa
la madre, guardandomi sottecchi:
essere donna è un’antica colpa
che si sconta con questo ruscellare
che si spande tra le sponde delle cosce,
sangue di morte che monta e scema
come le maree e la faccia della femmina lunare.
Ma io mi portavo addosso con fierezza

quel tiepido di cellule sfaldate
come un uscire dal grembo di me stessa
a piccoli singulti umidi e rossi,
e quella giovane rosa che aspettava
dentro gli aromi del suo orto concluso.
Mi piaceva perfino guardandomi allo specchio
toccare il cerchio oscuro delle occhiaie.
E poi mi fiutavo, sì, mi fiutavo,
come una selvatica bestiola ferita

che finalmente sa qual è l’odore
che così tanto inebria il cane cacciatore.

il corpo della Puella rifiuta l’idea materna di una vita a lutto, non vuole perpetuare il cuore devastato, abbecedario delle madri: preferisce ascoltare il chiasso del futuro prossimo e anelare soltanto a Eros.

E intanto sotto i seni cresciuti
come pani, il cuore faceva chiasso
come uno che ha bevuto troppo.

Sacro cuore mi guida, poesia dopo poesia, in un viaggio di formazione erotica e poetica, una politica della coscienza che congiunge all’archetipo del femminile tutti i versi: l’innocenza virginale e la forza di Artemide, il sacrificio di Demetra, la prostituzione sacra del darsi al fauno, il desiderio Menade senza freni, l’Afrodite che da lama di luna si fa piena.

Nel giardino dei meli e
delle albicocche d’oro
ebbi per la prima volta paura.
Era passato un fauno
e aveva il sesso nudo.
Cominciò così la tristezza
che divise l’innocenza
dal morso aguzzo del desiderio.

Quando passa il fauno, la bambina cede il passo al futuro. Quando la purezza cattura l’unicorno, è ora del nuovo tempo. La poesia di Alaimo è così intensa di memorie che non resta altro da fare che viverla adesso.

Da qui, il cuore reclama appartenenza e, se il cuore è sacro, lo è anche il peccato che ci rende libere dal male. La lingua del serpente scrive Carl Gustav Jung è la saggia parola di Eva.

La voce del prete, al di là della grata,
mi chiedeva di confessare i peccati.
“Ho perso la pazienza con mia madre,
ho detto qualche bugia, la settimana scorsa
non sono andata a messa.”
“E col tuo fidanzato che fai?”
“Niente. Parliamo, passeggiamo…”
“E adesso recita l’atto di dolore”.
“Mio Dio, mi pento e mi dolgo
di tutti i miei peccati…” – ma non

di quelli d’amore (pensavo) –.

[Recensione di Valeria Bianchi Mian]

Per acquistare il libro: http://www.ladolfieditore.it/index.php/en/perle/perle-poesia/sacro-cuore.html

 

 

 

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