LA CREPA MADRE | Poesie di Carlo Tosetti

Un libro che perturba. Un poema inquietante. La crepa è viva; la crepa vive e pulsa nell’ambiente famiglia. La crepa è lì a ricordare la ferita nella genealogia, lo strappo nel trans-generazionale, l’occasione-breccia nel vivere sociale.

Vulnus dulce, suave malum.

Non è cicatrice; è vagina della Grande Madre, bocca orifizio orrido piccino, percettibile e attento come un orecchio, sguardo parafoveale, obliquo, drammatico ma, chissà, potenzialmente apertura al cambiamento. Pertugio che si apre sul quotidiano umano nutrito di relazioni (an)affettive.

Su Poesia del nostro tempo, l’autore riporta memorie d’estate, il taglio al ginocchio, la sofferenza, le infiltrazioni nelle pareti delle case. Se lo spunto per la nascita dell’idea può essere rintracciato nella realtà vissuta dei fatti, l’immaginario poetico, si sa, trascende trasforma opera attraverso la crepa viva per partorire il simbolo.

La crepa madre – Carlo Tosetti

Scrive l’editore (Pietre Vive):

“La Crepa Madre di Carlo Tosetti è un’opera ambiziosa per respiro e scrittura. Da una parte recupera la struttura classica del poema, suddiviso in nove canti; dall’altra riaggancia questa struttura a una narrazione di tipo fantastico, rievocando la storia surreale di una crepa viva che perseguita con la propria disturbante presenza prima una famiglia e poi un’intera comunità di provincia. La vicenda, rievocata dal narratore nei suoi ricordi di bambino, si dipana fra atmosfere gotiche o grottesche, attraverso una scrittura immaginifica, elaborata, ma sempre ironica e di taglio esplicitamente landolfiano.”

Una crepa viva, o meglio animata da volontà necessaria, alberga nei muri di una vecchia casa, da sempre. Questa crepa è di fatto parte della famiglia, tanto che il comportamento è assimilabile a quello di un animale domestico: “[…] il suo rodere s’udiva, / pareva un ticchettare: / la sera s’acquatta, cane / astratto rimesta, gira / nella fessura, sprimaccia, / rigira, sospira, riposa.” E ancora: “[…] la pietra traversando, / appresso mi veniva / curiosa a valutare: / l’intuire col suo intento / chi mai fosse leale.”

Nel corso dei secoli, la crepa è oggetto degli interessi più svariati: da tentativi di esorcismi per scacciare il male a visite di celebri musicisti incuriositi dall’insolito fenomeno.

Questo misterioso intento di pietra viene disturbato in epoca moderna dalla vendita della casa e dalla conseguente ristrutturazione, concepita anche per eliminare la fastidiosa presenza.

L’inizio dei lavori è la miccia che porta all’esplosione della rabbia: la crepa attraversa la casa e prende la via della fuga.

“[…] con vagiti, sconcertata,/ vide l’Eden nell’asfalto,/ paradiso della strada./ Concepì la mente dura,/ all’istante, d’emigrare;/ per la Crepa, terra è mare.”

Le crepe, i fulmini, i rami degli alberi, l’apparato respiratorio e quello circolatorio. La medesima forma si ripete nella realtà e, in un mondo creato sulla base delle forme, il modello-forma della crepa forse può rispondere a delle domande.

Dal capitolo III – La fiducia

1

Nei giorni galoppati,

io imberbe, crescendo

l’infante svago compivo

intorno al teatro romano;

in cerchi ampi volteggia

lì, vezzosa e magistrale,

a planate dalla vetta

del cipresso la sgargiante

gran farfalla macaone:

minutissimo sparviero,

dei prati – vasto impero –

veglia i pascoli di fiori.

Dal capitolo IV – Il pericolo

4

Decade la natura:

che tutto lento sciolga.

Entro le vecchie mura

scuro e placido è marcire

e, un pesce di fondale

nell’acqua ch’è oleosa,

sentì vibrar la Crepa

l’attacco al fiato muto,

al respiro della pietra:

abbatter guaste le pareti

e porte, metter tubi,

spazzare tele morte.

Dal capitolo V – La rabbia

12

Solca libera e solca fiera,

fende l’asfalto, snello

brigantino senza scafo,

lascia divelto a poppa

fisso il fiume nero

di bitume che ricorda

un taglio, una ferita

e non v’è modo, moto

ondoso che richiuda

la strada dilaniata

dalla Crepa, alacre infila

fluida rotta della fuga.

Dal capitolo VI – La distruzione

2

Il Fabbricone imbocca,

la rapida via scoscesa,

si lancia giù temeraria,

scava sapendo la meta,

bene attenta dilania,

rasenta la piaga le mura,

il digrignare di denti

compagna la melodia

e macina, trita sicura:

è di niente quell’aratro,

archetto all’adamante

fisso batte l’ostinato.

Carlo Tosetti (Milano, 1969), vive a Sirtori (LC).

Ha pubblicato le raccolte: Le stelle intorno ad Halley (LibroItaliano, 2000),

Mus Norve­gicus (Aletti, 2004), Wunderkammer (Pietre Vive, 2016).

Suoi scritti e recensioni sono presenti su:

Nazione Indiana, Poetarum Silva, Larosainpiu, Paroledichina, Words Social Forum, Versante Ripido, elvioceci.net, Il Convivio, Lankenauta, Interno Poesia,

giovannicecchinato.it, Poesiaultracontemporanea, Atelierpoesia, Unpostodivacanza, Centro Cultural Tina Modotti, Menti Sommerse, Tragicoalverman, YAWP (giornale di letterature e filosofie), L’EstroVerso, Pangea, Laboratori Poesia, Poetry Sound Library, Inverso – Giornale di poesia, Perigeion, La tigre di carta, Il Giornalaccio, Poesia del nostro tempo, Cartesensibili.

E’ stato ospite delle trasmissioni:

Percorsi PerVersi, in onda sulle frequenze di Radio Popolare il 30/01/2017 .

Teatro Bla Bla, in onda sulla web radio Radio Bla Bla, il 7/5/2018.

Pomeriggio216, sul canale televisivo Seilatv, il 4/10/2018.

Collabora con Poetarum Silva.

[di Valeria Bianchi Mian]

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