ABORRO
[una poesia previdente, una poesia penitente, una poesia e niente]
Aborro
l’induzione al bisogno
le multinazionali del disagio.
Aborro
il marketing del nulla
nel Nulla che avanza
e avanza
e t’induce al bisogno
del nuovo modello di ciocco merendina
del panno impermeabile pulisci macchie invisibili
del dopo-dopo-balsamo per i peli delle ciglia
dell’esaltatore di sapidità per gli zombie
che camminano nella ciotola del gatto
dei sogni da far nascere con l’utero in affitto
dell’attico ignifugo su Marte
dello yogurt rossoblu dell’Uomo Ragno
del leviga occhiaie gel multifunctional iperattivo
del dentifricio all’uranio impoverito
del divaricatore per allargare le dita dei piedi
del bambolo gonfiabile che ripete
non sei sola
non sei sola.
Non siamo soli.
Aborro
le luci al neon dei centri commerciali
la puzza emanata dal Girarrosto del pollo a terra
la terra bruciata dickensianamente desolata
ed io
in maschera antigas di pizzo e latex
induco me stessa al bisogno
di indurmi il più possibile al bisogno
del non avere bisogni
(dell’avere invece sogni)
Induco me stessa all’umano
vicino di casa d’umano e suono per un po’ di zucchero.
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[dell’avere invece sogni – inserito da Paolo Archetti Maestri, Yo Yo Mundi]
Valeria Bianchi Mian
[da Vit(amor)te. Poesie per arcani maggiori. Miraggi Edizioni, 2020]