
Domizia Moramarco
NEL VENTRE E NELL’ANIMA
Letteratura Alternativa Edizioni
Pagine come petali carnali, il fiore è un diario poetico nel prato dove crescono metafore-impronte e disegnano un percorso, e illuminano la strada impervia e dolce dal buio dell’essere-nel-mondo, che ci racconta umani e insieme vasi del divino, alla nascita-rinascita della luce del giorno: ecco, questa è la storia dell’anima, ed è la narrazione di armonia tracciata in danza di penna da Domizia Moramarco.
Un canto universale, quello che risuona nel profondo di ogni creatura umana, una voce che i poeti e le poetesse sono chiamati a intonare sin dalle origini del verso.
La bellezza di una poesia sta nel suo saper risuonare in ascolto condivisibile, è il poter vibrare in corde non udibili con la mera ragione ma con l’orecchio del senso, il farsi comprensibile attraverso i pori della pelle, giù fino alle viscere che ci accomunano in intelligenza del ventre. Una musica dal profondo giunge al centro tra il sentire sensibile e l’oltre, ed è, allora, poesia.
“Un diario in versi, con le frasi spezzate, quali spose velate del bianco del foglio, inizia con la descrizione di uno stato di paralisi simile agli incubi che trattengono le membra e spezzano la voce.
C’è una formica che scava fra la terra negandosi il canto, alla ricerca di un senso.
C’è una farfalla che deve cogliere i confini del mare, prima che i rintocchi della mezzanotte chiudano le sue ali in un sudario.
C’è una Alice che non si riconosce nello specchio perché le è precluso l’accesso alla meraviglia.”
Formiche, farfalle, sussurri, semi e foglie, fiocchi di neve, fiori delicati, le piccole vite del mondo interno, riflesse negli occhi di Natura alchimista, abitano le pagine di Nel ventre e nell’anima e vanno alla scoperta del segreto della completezza. Sarà possibile cogliersi in un insieme? Se sì, come? Il verso è ingrediente di una “metamorfosi eterna che segue il ciclo della Luna” (1).
La vita è opera senza resa, messa in atto della stessa sostanza e rimescolamento dell’essere dentro se stesso, tra riconoscimento delle origini e sguardo che apre il futuro tenendo il filo d’oro del passato, “ora”-“ero”:
Mi abbevero
scrive Moramarco,
mi sazio
e poi mi contorco le viscere
per espellere versi e resti
di una creatura me stessa che ero
e che ora
un po’ lo sono ancora
(…)
(tra virgolette ho riportato alcune espressioni utilizzate da Emma Fenu nella prefazione al libro, nel suo stile inconfondibile).
Tre poesie dalla silloge:
E liberami dal male
Stanca svuotata
sono involucro senza pelle.
Una lattina abbandonata
sul bordo del marciapiede
in bilico
al confine
fra un passo falso
e una scarpa
che affonda nella sua impronta.
Galleggio nelle pozzanghere
mi inabisso nella melma
quando un raggio di sole
posa la sua guancia
sul mio cuore stanco.
E tu
solitario passante
liberami dal male.
Viandante smarrita
Violato dalla forza
di un arcaico richiamo
si schiude
all’ombra di un Mistero senza nome
il coperchio del vaso di Pandora.
Rovesciati sul sacro suolo della Memoria
ricordi di Vita luminescenti
frammenti di Reminiscenze opalescenti
ricompongono il mosaico
di Storie antiche.
Tessere abbaglianti
indicano la via
ai piedi scalzi
della Viandante smarrita.
Il parto
Vomitata dal ventre
della terra maligna
espando all’aria i miei polmoni
e tutt’intorno lancio
vagiti strozzati.
Mi aggrappo al seno materno
e succhio linfa vitale.
Mi abbevero
mi sazio
e poi mi contorco le viscere
per espellere versi e resti
di una creatura me stessa che ero
e che ora
un po’ lo sono ancora
un po’ ho oltrepassato.
Con occhi vispi mi osservo mani e piedi
dita per afferrare
piedi per camminare
che lasciano impronte nel mondo
assieme a parole che incespicano
ma che presto si articoleranno
con suoni propri.
Accenti posti sulla sillaba corretta
virgole fra le giuste pause
punti al momento opportuno.
E rinasco ancora
giorno dopo giorno.
L’autrice del blog letterario http://www.milibroinvolo.it nascfra gli abbracci dei secolari ulivi della Puglia nei primi giorni della primavera settantottina. Tra la fine degli anni ’90 e i primi del nuovo Millennio studia Filosofia presso l’Università degli Studi di Bari, dove si laurea nel 2003. Per amore si trasferisce fra le brumose pianure lombarde, dove l’ispirazione si apre un varco tra le cortine di nebbia. Il senso di alienazione del capoluogo offre spunti ideali alla sua mente, alla perenne ricerca della Verità, quella Aletheia che disvela sconosciute realtà, senza mai condurre alla meta finale, perché la Vita è continua Ricerca. Mamma e moglie felice, presta servizio presso la Pubblica Istruzione, ha collaborato per otto anni come giornalista freelance per una rivista del settore automotive e scrive recensioni di libri per alcuni siti. Nell’aprile del 2018 ha pubblicato la sua prima silloge di poesie dal titolo “Nel ventre e nell’anima” con la casa editrice Letteratura Alternativa. Ha partecipato con un suo racconto al progetto editoriale curato dal Gruppo Accento Acuto “Come l’aria: Cose che ci mancano e ci riprenderemo presto” edito da Les Flâneurs Edizioni – 2020. Nel maggio 2020 è uscita l’antologia “Storie sbagliate” per Golem Edizioni, contenente un suo racconto e una sua poesia.